Quando si parla di DREAM TEAM si pensa unicamente ad una squadra nel mondo dello sport professionistico.
La nazionale olimpica USA 92 di basket.
È certamente la squadra più iconica mai assemblata perchè tutti i più grandi giocatori dell’epoca sono stati riuniti in un solo team.
Erano talmente forti che gli avversari non volevano giocarci contro ed anzi erano preoccupati solo di farsi più foto ricordo possibili insieme ai giocatori
Hanno vinto tutte le partite di quell’olimpiade con scarti di punteggio tra i 30 ed i 50 punti
Un dominio totale.
Nel 1992, per la prima volta nella storia dei giochi, i professionisti della NBA furono ammessi a partecipare alle Olimpiadi nelle varie nazionali.
Prima di questa edizione le squadre potevano essere composte solo da giocatori del college.
La selezione a stelle e strisce quattro anni prima, nel 1988 a Seul, conquistò soltanto una medaglia di bronzo e fu sculacciata pesantemente dall’Unione Sovietica (rivale non solo sportiva) e Jugoslavia.
Una condizione inaccettabile per lo sport americano che basa la sua stessa esistenza su “essere i più forti del mondo”.
Nacque così il primo Dream Team, la squadra dei sogni e della rivincita sul mondo intero.
Il roster era formato da giocatori leggendari e destinati a scrivere pagine e pagine di storia dello sport moderno.
A guidare sul campo (ma anche fuori) il gruppo era Michael Jordan, il numero 23 dei Chicago Bulls, il re incontrastato di quella squadra.

Colui che ha reinventato la pallacanestro catapultandola nell’epoca moderna.
Al fianco di sua maestà, altre due divinità come Larry Bird dei Boston Celtics e Magic Johnson dei Los Angeles Lakers…
I giocatori più forti dell’epoca pre-Jordan (che erano i co-capitani di quella squadra).

E poi ancora, altre stelle come “Sir” Charles Barkley dei Phoenix Suns, Clyde “The glide” Drexler dei Portland Trail Blazers, Patrick Ewing dei New York Knicks, Karl “The mailman” Malone e John Stockton degli Utah Jazz, Chris Mullin dei Golden State Warriors, Scottie Pippen dei Chicago Bulls (tra l’altro fresco vincitore con Jordan del campionato NBA di quell’anno) e David “The Admiral” Robinson dei San Antonio Spurs.
La potenza devastante di questo gruppo venne per così dire “strozzata” dall’obbligo regolamentare di inserire un collegiale in squadra.
Quindi dall’università di Duke venne così convocato Christian Laettner, già eccellente giocatore a livello universitario e reputato tra i più promettenti.
Divenne anche lui un hall of famers a fine carriera, per cui non fu proprio d’intralcio ai leggendari compagni.
Otto vittorie su otto: un’Olimpiade perfetta
La possibilità di vedere giocare, per la prima volta e tutti insieme nella stessa squadra, i nomi più famosi e le leggende del basket NBA rese unica quella edizione delle Olimpiadi a Barcellona.
Addirittura gli avversari degli americani, prima di ogni partita, erano i primi ad entrare negli spogliatoi di Jordan e compagni per farsi autografare le magliette e strappare una foto ricordo.
Manco a dirlo, quel Dream Team stravinse ogni partita aggiudicandosi agevolmente l’oro olimpico, infliggendo alle squadre avversarie uno scarto di 43.8 punti di media (la Croazia, sconfitta di “soli” 32 punti, fu la squadra che tenne testa maggiormente al Dream Team).
Per rendere bene l’idea di dominio, il suo allenatore, Chuck Daly, non chiamò mai nessun timeout durante tutto il torneo.
Ancora oggi, a distanza di 30 anni, quella è considerata la squadra di pallacanestro più forte di sempre.
E questa è la storia vissuta, raccontata e scritta dai cronisti sportivi del tempo.
Non tutti sanno però che quella squadra, formata da dieci Dei del basket più “The Greatest Of All Time” (il più grande di tutti i tempi), perse una partita.
Un’unica gara, seppur amichevole, nel corso della preparazione al torneo olimpico.
La verità oltre il mito del Dream Team
Era il giugno del 1992 e all’appuntamento con la gloria a Barcellona mancavano ancora diverse settimane.
Micheal Jordan e i suoi Bulls avevano da pochi giorni vinto il loro secondo titolo, battendo nelle finali NBA i Blazers (4-2).
Il primo Dream Team era in ritiro a La Jolla, elegante ed esclusiva località di mare della California, nota per lussuosi e costosissimi hotel con vista mare e i golf club, tanto adorati dalle star della NBA.
Probabilmente, proprio anche a causa del clima “eccessivamente allegro” che vivevano Bird, Johnson e soci, coach Daly decise di mettere alla prova i suoi, convocando uno scrimmage test.
In pratica organizzò un’amichevole, contro un gruppetto di giovani promettenti giocatori del college.
Per tantissimi anni, quella amichevole (che inizialmente fu giocata con il segnapunti spento) è stata tenuta nascosta.
Segretata come il più riservato file di un avvistamento UFO nell’Area-51.
Quel test amichevole finì con la vittoria dei ragazzi del College di 20 punti, anche se l’allenatore Daly, subito dopo la fine dell’amichevole, spense personalmente il tabellone dei punti prima dell’ingresso della stampa nella palestra.
Ma chi faceva parte della squadra dei collegiali?
Di quel gruppo facevano parte delle giovani superstar del calibro di Grant Hill, futuro All Star NBA, Chris Webber, Penny Hardaway, Allan Houston, Bobby Hurley, Jamal Mashburn, Rodney Rogers…
E’ proprio Grant Hill – a distanza di anni – a raccontare quella mitica gara:
“La prima volta che abbiamo giocato contro di loro, li abbiamo battuti di 20. Houston è stato una sentenza dai tre punti mentre Webber è stato immarcabile sotto canestro”.
Anche Michael Jordan, moltissimi anni dopo, rivelerà al Los Angeles Times:
“Ci distrussero. Giocarono molto meglio di noi. Eravamo in campo senza un’idea di squadra e non eravamo a nostro agio”.
Per Pippen, quella squadra di collegiali:
“… avrebbe sicuramente vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Barcellona se avesse potuto partecipare”.
L’onta della sconfitta e la consapevolezza di essere divinità.
Insomma, una sonora debacle.
Una sconfitta da tenere nascosta tra i segreti di stato per non sporcare l’immagine della squadra di pallacanestro più forte della storia.
Tuttavia la verità potrebbe essere un’altra.
A rivelarlo è stata un’altra figura mitologica che all’allora ricopriva il ruolo di assistant coach Mike Krzyzewski, meglio conosciuto come Coach K.
Ex cestista, allenatore di Duke university dal 1980 ad oggi (unico allenatore del college basket a superare le 1.000 vittorie) ed unico allenatore capace di vincere per tre volte consecutive il l’oro olimpico nel basket.
Per coach K, quella fu una partita “combinata”.
Da chi?
Ovviamente da Chuck Daly in persona che, prima di tutti, aveva previsto il tallone d’Achille della sua macchina divina.
“Di punto in bianco Daly ci disse che dovevamo fare una amichevole. Nessuno di noi si oppose all’idea, anzi ne fummo felici.
Col senno di poi, se pensiamo che Coach Daly tenne in panchina Jordan per gran parte di quella amichevole e come mischiò spesso le carte in tavola, modificando marcature e schemi, diventa facile capire che quella era una amichevole da perdere a tutti i costi.”
Daly sapeva cosa stava facendo: doveva far capire a tutti che “anche gli Dei possono cadere”.
Il giorno dopo quella prima amichevole, ne fu giocata una seconda, stavolta a porte aperte con la presenza dei giornalisti.
Il risultato fu completamente ribaltato. “Non ci fecero toccare palla, avemmo difficoltà anche a superare la linea di metà campo”, rivelò sempre Grant Hill.
In quel secondo match contro i collegiali, Daly schierò in campo Jordan e i migliori sin dal primo minuto.
Non ci fu gara.
Secondo Barkley, esagerando, il Dream Team vinse addirittura di 100 punti.

Quindi perchè quella amichevole “gaglioffa” organizzata da Coach Daly è stata così importante?
Ecco il messaggio che voglio condividere con te:
se non continuerai ad impegnarti con costanza anche nelle piccole cose, apparentemente innocue o banali, non riuscirai a dare il meglio di te.
Proprio come è successo al Dream Team, 12 Dei del basket che vengono surclassati in un’amichevole da un banda di studenti del college prima di stracciare ogni record possibile del basket olimpico.
Mantenere alta la concentrazione ed il focus sull’obiettivo, questo ti permetterà di arrivare ovunque tu voglia.
Ti è stato utile leggere questo articolo?
Allora condividilo con una persona cara, tenere alta la motivazione è molto più utile di quello che pensi.
Al tuo benessere
Alessandro
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