Quella di Roberto Baggio è una magnifica storia di amore e resurrezione, perseveranza e sacrificio, passione e rivincita, nonché magnifico esempio e spunto di riflessione per tutti noi.
La storia di un uomo che ha trovato dentro di sé la forza di rialzarsi quando tutti erano convinti che sarebbe rimasto in eterno solo una mancata promessa del calcio mondiale.
Diciamo pure che le sue condizioni fisiche, già da giovanissimo, erano alquanto vacillanti.
Tali da pensare che non sarebbe mai esploso definitivamente.
E invece Baggio, un ragazzino prodigio, con duecento punti interni di sutura e un menisco perforato a 17 anni…
…stupisce il mondo, e forse anche sé stesso, arrivando a vincere il Pallone d’Oro e diventando icona e idolo del nostro sport!
Ecco chi è Roberto Baggio
Roberto Baggio nasce il 18 febbraio del 1967 a Caldogno, un piccolo paesino di appena 10.000 anime alle porte di Vicenza.
Famiglia numerosa la sua…
…e lui è il sesto di otto fratelli.
Sin dai primi anni, si è dimostrato un bambino molto sensibile.
“Piangevo quando sentivo passare le ambulanze” racconta lui stesso.
Timido, ma il giusto.
Abbastanza testardo.
Ma soprattutto…
Un malato di calcio!
Qualsiasi oggetto che ricordasse vagamente una palla veniva colpito dai suoi piedi.
Palline da tennis.
Carta bagnata prima appallottolata e poi fatta indurire sul termosifone.
Palle di pezza o di spugna.
Insomma, qualsiasi cosa potesse rotolare diventava oro per i suoi occhi.
Giocava sempre nel corridoio di casa, per la felicità della mamma…
Si diverte a fare gol nella porta del bagno.
Urla, si fa la telecronaca e simula persino i falli degli avversari che nel fermarlo lo sgambettano o gli tirano la maglia.
Dai suoi amici, è persino soprannominato Guglielmo Tell per il suo particolare allenamento che non consisteva nel centrare la mela sulla testa di qualcuno…
…ma tirava le punizioni mirando i lampioni della strada.
Il suo primo allenatore fu Zenere, nonché fornaio del paese.
Ed è lui il primo ad ammirare le gesta del baby prodigio.
Gioca, si diverte e incanta chi lo vede dagli spalti.
Non ci misero molto ad arrivare gli osservatori delle squadre più blasonate, atterrate sul ragazzo come un condor sulla preda.
I più lesti furono quelli del Vicenza e lo portarono nelle proprie giovanili dove in 120 partite, realizza 110 reti.
Baggio dopo due anni incantevoli, è finalmente pronto al grande salto: la serie A.
Su di lui hanno gli occhi puntati la Sampdoria, la Juventus e la Fiorentina.
Ed è proprio quest’ultima che con 2 miliardi e 700 milioni di lire si aggiudica il gioiellino veneto.
Sembrava una carriera ormai in discesa per il ragazzo.
Era pronto ad incantare i suoi nuovi tifosi sotto la Fiesole dello stadio Artemio Franchi di Firenze.
Ma ad un tratto…
Il 3 maggio 1985, appena due giorni dopo la firma sul contratto, il ginocchio della gamba destra fa “crack”.
Si tratta di un infortunio gravissimo, un trauma terribile che rischiava di scrivere la parola “fine” alla sua carriera.
Rottura del crociato e del menisco della gamba destra recitava la cartella clinica.
Fu immediatamente trasportato e operato in Francia.
Del delicatissimo intervento se ne occupò il professor Bousquet, il chirurgo dei campioni.
Sembrava tutto riuscito alla perfezione, al punto che tornò a Firenze tra i suoi amici che cercarono di rincuorarlo.
Li conosce i campioni del mondo Antognoni e Oriali…
Ma Roberto non gioca, ha pensieri neri e disperati.
Torna in campo nel campionato 86-87.
Torna a sorridere, festeggia i primi gol e, finalmente, riesce a debuttare in serie A.
Era in un sogno.
Il crack al ginocchio destro sembrava solo un lontanissimo ricordo…
E invece, il 21 settembre 1986, il ginocchio destro, quello già operato in Francia, si rompe di nuovo.
Vola nuovamente in Francia e si sottopone ad un’altra operazione.
Il dolore e lo sconforto regnavano sovrani dentro la sua testa.
Stenta a riprendersi.
Ma dopo tre mesi, torna in campo.
La buona sorte gli volta completamente le spalle al povero Roberto che, poche settimane dopo si infortuna di nuovo.
Il destino è davvero feroce con lui.
Rottura del menisco questa volta.
Dopo un’altro intervento in sala operatoria, a soli 20 anni, Roberto Baggio disse alla mamma Matilde: “È finita, voglio smettere con il calcio”.
Roberto in un suo libro poi racconterà:
“La mamma era il mio angelo. Quanto mi è stata vicina, quanto mi ha aiutato.
In ospedale, dopo le operazioni, stavo malissimo.
Non potevo prendere antidolorifici e il dolore mi trapassava il cranio.
Una volta mi sono girato verso di lei, che mi stava accanto, e le ho detto: “Mamma, sto malissimo. Se mi vuoi bene uccidimi perché io non ce la faccio più”.
Lei mi accarezzava: “Non fare lo scemo, eh? Dai dai, tornerai come prima. Più bello e più forte”.
Il peggio sembra finalmente passato e i brutti pensieri di addio al calcio sono fortunatamente passati.
Roberto dice alla mamma: “Sì, torno e spacco tutto”.
Detto, fatto.
Torna, segna subito a Napoli, nella città di Maradona.
Primo scudetto festeggiato da Dieguito e primo gol di Roberto Baggio in A.
Niente male come rientro.
I giornali gli dedicano la prima pagina: “Una magica punizione, alla Maradona”.
È finalmente arrivata la svolta, cambia tutto, la sua vita, il suo futuro e senza dubbio, anche il suo destino.
Roberto Baggio può finalmente fare ciò che gli riesce meglio: giocare a calcio.
Entra nel cuore dei tifosi di tutta Italia.
Gli vogliono bene e lui ricambia con le sue meraviglie.
Da qui comincia ufficialmente la meravigliosa carriera di Roberto Baggio, il divin codino.
I suoi successi sono storia: gli scudetti, le coppe, fino al mitico Pallone d’Oro del 1993.
Tuttavia, al di là dei successi, vorrei che questa storia sia da esempio.
Un ragazzo di 20 anni, dopo 3 gravi infortuni, non si arrende, stringe i denti e caparbiamente torna a prendersi ciò che il destino gli ha sottratto.
“Avevo male, sempre male.
Ma non importava.
Sono stato male molti anni, ma sono andato in campo.
Se avessi dovuto giocare soltanto quando stavo bene, con quella gamba, con quelle ginocchia, avrei fatto due, tre partite all’anno.
E invece ho resistito, mi è andata bene.
Molti miei amici sono stati più sfortunati e hanno smesso subito”.
Pensa cosa significa giocare e prendere calci su quelle gambe che non sono riuscite a completare una classe pura come quella di Roberto Baggio.
I dolori.
I pensieri.
Sempre con la paura che una delle due possa cedere…
Credo sia una sensazione orribile.
Eppure, ha scritto un’importante pagina di storia del calcio italiano.
Un uomo diventato leggenda e fonte di ispirazione per grandi e piccini di tutto il mondo.
Se hai trovato l’articolo interessante e pensi possa essere d’aiuto a qualcuno che sta vivendo un momento no, condividilo con lui, con la speranza che possa aiutarlo a stringere i denti e continuare a lottare per riprendersi ciò che la vita “momentaneamente” gli ha tolto.
Al tuo benessere,
Alessandro
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